‘Negro’? Tre o quattromila articolazioni, di seguito, al riguardo? Una soltanto? Vediamo

1939, Agata Christie pubblica in Inghilterra ‘Ten little niggers’ e nessuno trova da ridire.
Quando, di lì a poco, il romanzo esce negli USA il titolo è ‘And then there were none’.
È dunque negli States che ‘niggers’ non si poteva già dire e scrivere.
(Per inciso – ma quanti se ne sono accorti e meravigliati? – nel primo film che dal giallo fu ricavato e che in Italia si intitolava ‘Dieci piccoli indiani’ appaiono ovviamente dieci statuette di negri).
Non si poteva e non si può dire e scrivere ‘niggers’ in America – dovrei vergare un trattato in proposito ma rimando ad altri miei lavori -in conseguenza delle leggi ‘bianche’ che avevano regolato colà la schiavitù.
Soprattutto, di quella che permetteva la vendita degli schiavi maschi strappandoli alla famiglia.
I loro figli se minori – per capirci – restavano obbligatoriamente con la madre seguendone altresì le sorti ove lei fosse venduta.
Tale disposizione portò inevitabilmente alla disgregazione della famiglia tra i negri e al matriarcato in un mondo ‘wasp’ nel quale di contro imperava il patriarcato.
Enorme il danno.
Di qui, invero, la indotta ‘inferiorità’ razziale.
Indotta!
Ora – con buona pace di quanti si staranno stracciando le vesti leggendo queste righe – la dimostrazione che solo un sano patriarcato rende forti famiglia e società è data dalla osservazione di quanto va accadendo non solo negli antesignani USA in questi ultimi decenni.
Decenni nei quali la disgregazione della famiglia bianca attraverso il divorzio è alla base della crisi definitiva, irreversibile della società.

Mi fermo qui?
Mi fermo.

Mauro della Porta Raffo