L’altro Thomas Mann

Quello americano, vituperato da Eric Hobsbawm e autore della ‘Dottrina’ che porta il suo nome peraltro spesso erroneamente denominata ‘Dottrina Johnson’

Varese, 12 marzo 2017

 

Arrivato inopinatamente a White House, Lyndon B. Johnson, guardando al personale politico e diplomatico kennediano che ovviamente lo attorniava, in attesa di mettere assieme un proprio governo, provvide a un certo numero di cambiamenti introducendo un primo nucleo di persone a lui politicamente più vicine.

Il 14 dicembre 1963 (Johnson era subentrato il 22 novembre dopo i tragici fatti di Dallas), fra l’altro, in cotal modo e in tale direzione manovrando, nominò il diplomatico Thomas Clifton Mann – che Eric Hobsbawm indica alla pubblica esecrazione per le sue azioni nel saggio ‘L’Imperialismo statunitense e la Rivoluzione in America Latina’ – Assistente Segretario di Stato per gli affari concernenti le Nazioni che dal Messico in giù occupano il Nuovo Continente.

Entrato in organico nel 1942, Mann aveva lavorato sotto Franklin Delano Roosevelt, Harry Truman e lo stesso John Kennedy, costantemente o quasi nei Paesi appunto Latinoamericani, distinguendosi quale massimo esperto nella lotta contro ogni tentativo (vero o presunto) di infiltrazione comunista in quel contesto.

Peraltro, non disdegnando – anzi, ritenendolo corretto, opportuno e addirittura necessario – di assecondare e sostenere in quelle bande gli interessi delle multinazionali USA colà operanti.

Da ricordare, in tale ambito, in particolare, il suo agire in Guatemala all’epoca della Presidenza Arbenz (su Jacobo Arbenz Guzman – Presidente del Paese Centroamericano in questione dal 1951 al 1954 – sul suo ‘allievo’ Ernesto ‘Che’ Guevara e sugli interessi locali della United Fruit Company si leggano i miei numerosi scritti) laddove fu determinante per la caduta del predetto, che definì sic et simpliciter ‘comunista’, defenestrato dalla CIA non attraverso un golpe interno ma per mezzo di una invasione messa a segno nel citato 1954 da fuoriusciti capitanati da Carlos Castillo Armas.

(Il successo dell’operazione fu la ragione per la quale nel 1961, Kennedy alla Casa Bianca, contro il Castrismo si pensò di agire allo stesso modo con la invece, nel caso, fallimentare spedizione della Baia dei Porci).

Pochi giorni ancora e il 21 dello stesso dicembre ’63 Johnson colloca Thomas Mann altresì alla guida dell’US Agency for International Development (USAID), struttura creata due anni prima dal suo predecessore a White House, suscitando fiere proteste (Hubert Humphrey e Arthur Schlesinger fra i primi ad insorgere) nel campo kennediano tuttora e alquanto a lungo fortemente presente.

Ed eccoci al marzo 1964, al frangente nel quale Mann esplicita in un rapporto che doveva restare segreto le linee del proprio pensiero in merito ai necessari interventi USA nel coacervo latinoamericano.

Semplificando – e ogni semplificazione risulta rozza e brutale – in soldoni, la ‘Dottrina Mann’ (allorquando qualcuno parlò in merito di ‘Dottrina Johnson’ la Casa Bianca insorse) diceva che i regimi, fossero anche dittatoriali, della Regione favorevoli agli Stati Uniti come anche agli interessi economici delle multinazionali USA dovevano essere sostenuti nel mentre fortemente osteggiati quelli anche solo vicini al Comunismo.

(A ben guardare, non differentemente aveva ragionato Franklin Delano Roosevelt del quale si ricorda la celebre frase pronunciata nell’apprendere quanto malamente governasse un caudillo locale, e cioè “È un figlio di puttana, ma è il ‘nostro’ figlio di puttana”, e come non ricordare altresì che, secondo James Hillman, F.D.R. considerava Johnson il migliore tra tutti i giovani affacciatisi alla politica durante il suo dominio?)

Converrà interrogarsi ancora sulla descritta ‘Dottrina’, sulla sua parentela/discendenza con la più nota ‘Dottrina Monroe’ come articolata da John Quincy Adams – il vero suo artefice – sul rapporto con la teoria del ‘Destino manifesto’ di John O’Sullivan, con il concetto di ‘Frontiera’ dovuto a Frederick Jackson Turner…

Converrà ancora chiedersi se e quanto abbia in proposito influito il Segretario di Stato di Dwight Eisenhower John Foster Dulles che in un discorso ai veterani tenuto a New York nel 1958 e ricordato da Henry Kissinger in ‘World Order’ (2014) sostenne che gli USA in politica estera, diversamente dagli altri Stati, si comportavano seguendo ‘principi morali’ individuati, mentre nell’agire concretamente – era in plancia di comando, per esempio, ai ricordati tempi di Arbenz – ben differentemente si atteggiava.

Mauro della Porta Raffo