I limiti della sovranità monetaria

Nella storia dell’economia c’è un famoso effetto: l’effetto-Ponzi.

Si verificò in America negli anni ‘920: si verificò più di una volta (l’ultima edizione-macro fu quella di Madoff che sta scontando l’ergastolo nelle patrie galere): da noi, in piccolo ma allo stesso modo fragoroso, si manifestò come effetto-Giuffré (fu chiamato ‘il banchiere di Dio’) nei primi anni ‘950. Lo scandalo scoppiò nel 1958,quando Giuffré non riuscì più a mascherare la frode.

Il giochino è sempre lo stesso: un bel mattino c’è un individuo (Ponzi, Giuffré, Madoff, …) che si mette a raccogliere denaro promettendo interessi incredibili: la notizia si sparge e cominciano ad affluire somme sempre più consistenti.

La raccolta cresce, cresce, cresce…: l’individuo miracoloso promette interessi anche del 90/100 %: la notizia si diffonde: viene il momento per cui qualcuno dei depositanti, magari in perfetta buona fede, si presenta dal mago e chiede delle somme; naturalmente nel frattempo dai resoconti del suo deposito tutto filava liscio…

Che fa’ il nostro? Inizia una pratica pericolosa che consiste nel prendere i soldi da altri conti e soddisfare le richieste dei depositanti. (attività ‘revolving’)

Lui non ha investito un bel niente: ha fatto credere di essere un investitore straordinario, ma non è vero: non crea nuova ricchezza: ha una sola soluzione: prendere i nuovi investimenti di depositanti un po’ (tanto) leggerini e usare di quei nuovi denari per soddisfare le richieste: il sistema ‘gira’: nessuno si accorge di niente. Tutti felici e contenti. Lui conta sull’effetto-spirale.

Finchè un giorno…: l’afflusso di nuovi gonzi non basta più: bisogna cominciare a toccare i capitali giacenti: e allora la questione si fa spessa.

Un bel giorno (bruttissimo giorno per il nostro mago) accade che l’afflusso di nuovi depositi non copre più le richieste di ritiro da parte dei depositanti. Si intaccano i capitali giacenti.

In questa storia si apre il momento delle manette. Anche se ce ne è voluto molto prima che avessero a scattare. Il giochino aveva strabordato: era uscito da un determinato ambito, un ‘intorno’, dentro al quale vigeva la più rassicurante felicità.

Fine della metafora. Passiamo alla ‘sovranità monetaria’.

Premesso che il discorso sul debito pubblico è molto complesso, cercherò di esprimermi con la modestia dei miei mezzi.

A mio avviso quando uno Stato Sovrano stampa moneta si comporta esattamente come il Ponzi o come il Giuffré all’inizio delle loro parabole. In buona sostanza dice (all’interno e al mondo esterno): ‘abbiate fiducia: in qualsiasi momento vi presentiate da me con questa carta io ve la accetterò e vi darò controvalore’; nel frattempo, chiunque avrà accettato questa carta e si presentasse da me, otterrà la medesima risposta’. Lo Stato Sovrano non parla di interessi: ma offre uno strumento sicuro per l’espansione degli affari dei suoi sudditi. E i sudditi ringraziano: hanno fiducia nel loro Stato e aderiscono volentieri all’invito.

Passano gli anni, la popolazione cresce, cresce la capacità di fare business, si manifesta il bisogno di quantità aggiuntive di moneta: e lo Stato si adegua e …stampa.

Il motore virtuoso di questo sviluppo è la ‘fiducia’: non esiste un limite numerico e quantitativo precalcolabile: finche c’è fiducia il gioco regge e fa felice la gente, sia interna che esterna allo Stato Sovrano.

Le teorie economiche dicono che quando uno Stato stampa ‘non crea debito’: e, almeno in linea teorica, è così.

Ma in linea applicata non riesco a capacitarmi: il debito pubblico italiano, a partire dal 1862, è sempre stato maggiore di zero: il diagramma del debito pubblico viaggia accompagnato come un gendarme da quello del PIL: ma dal 1990 la curva del debito si impenna imperiosamente, e abbandona la compagnia del PIL, che rimane sotto. Pesante la situazione del decennio finale del 2000: poi, con l’arrivo dell’€uro, la curva perversa del debito sembra ritornare un poco all’ovile, vicina a quella del PIL. Infine risale. L’effetto benefico della riduzione del ‘costo dell’euro si è fatto sentire.

Ora, quella curva perversa si chiama ‘debito pubblico’: esiste anche un debito ‘privato’ del cittadino italiano, ma questo non c’entra con quello; poi esistono anche i ‘debiti impliciti pubblici’ (es.: INPS), che sono altre masse debitorie di notevole peso: se fissiamo l’attenzione sul periodo ante-€uro (2001), in circa 140 anni di vita lo Stato Italiano, sovrano e stampante, ha combinato dei bei debiti: come mai? Devo ritenere che i teorici della situazione abbiano spiegazioni: ma ormai il problema non è quello: è cambiato, e di parecchio.

Perchè secondo me non è niente vero che uno Stato Sovrano quando stampa moneta (ed noi ne abbiamo stampata tanta), non fa debito.

Oggi lo Stato Italiano campa in un ‘intorno’ molto critico: è in piena e pericolosa attività ‘revolving’: lo segnala lo spread, che svetta pericoloso: dice che la fiducia nel nostro paese è bassa, molto bassa: siamo ormai all’effetto ‘Ponzi’? E davvero crediamo ancora che basti tornare a ‘stampare moneta’, alla sovranità monetaria per aggiustare le cose?

Giuseppe Brianza