I Tatari di Crimea

Popolo nomade dell’Asia centrale, vicino dei Mongoli, appartenente al ramo turco, i Tatari ‘sfociano’ con i turchi, appunto, in Europa orientale nel tredicesimo secolo.

Dopo essersi spinti fino in Europa centrale, fondano alcuni regni, i canati, a nord del Mar Nero e del Mar Caspio, intorno al Volga.

E’ questo il periodo in cui diventano stanziali e iniziano a mescolarsi alle popolazioni locali.

Un secolo più tardi un nuovo conquistatore, Tamerlano, invade la regione e i Russi anch’essi vi estendono il loro territorio.

Una parte dei Tatari defluisce allora verso la Crimea, penisola più facile da difendere.

Nel quindicesimo secolo l’ultimo dei canati tatari, il Canato di Crimea, la cui popolazione si è convertita all’Islam, si integra all’Impero ottomano.

I Tatari di Crimea impazzano ancora per due secoli con i loro raid nelle pianure russe e ucraine per alimentare un traffico di schiavi molto prospero.

Si scontrano quindi con i Cosacchi, truppe irregolari formate da contadini-soldati, che li imitano nel loro modo di operare razzie, ma alla fine del diciottesimo secolo, a seguito di una sconfitta degli Ottomani per mano dei Russi, il Canato di Crimea sparisce, assorbito completamente dall’Impero degli Zar.

Da quel momento i Tatari di Crimea sprofondano nella condizione di popolo di minoranza.

Nell’arco del diciannovesimo secolo il governo russo conduce una politica di colonizzazione del paese ad opera di contadini slavi.

Spinge massicciamente e brutalmente i Tatari a migrare verso la Siberia, verso l’Anatolia ottomana e finanche verso i territori europei dell’Impero ottomano.

Per questo motivo, oggi, ne ritroviamo in Romania, in Bulgaria e in Turchia.

Neanche l’URSS tiene poi un comportamento corretto nei loro confronti; pagano pesantemente il costo delle carestie causate dalla guerra civile degli inizi della rivoluzione e in seguito dalla politica staliniana della collettivizzazione dell’agricoltura.

Durante la seconda guerra mondiale la Crimea è occupata dai Nazisti e una parte dei Tatari si ritrova arruolata nelle truppe ausiliarie delle armate tedesche e nel 1944 sarà questa la scusante addotta da Stalin e da Beria per deportare i Tatari di Crimea in territori decentrati dell’Unione Sovietica e specialmente verso l’Uzbekistan.

Mentre una maggioranza perisce durante l’operazione sono duecentomila i deportati.

Occorrerà attendere lo smembramento dell’URSS per ottenere l’autorizzazione a ritornare nella loro patria che nel frattempo è stata unita all’Ucraina da Krusciov.

Vi si installeranno alla bell’e meglio.

Attualmente sono duecentocinquantamila i Tatari censiti in Crimea a rappresentare il dodici per cento circa della popolazione e che si impegnano nella protezione del loro idioma, di origine turca, scritto oggi in lingua cirillica o latina.

Non si può certo affermare siano stati coccolati dal governo di Kiev e perciò, conoscendo più da vicino le loro vicende, si può comprendere che guardino con preoccupazione al ritorno del loro paese nel ‘girone’ russo.

Si differenziano, in questo, dai vecchi avversari, i Cosacchi, che hanno recuperato il loro ruolo di ausiliari delle truppe russe per il controllo dei territori della Crimea.

 

François Nicoullaud

(Traduzione di Henry-Claire Nicoullaud)