Svizzera, Paese di accoglienza

La Svizzera è una nazione/paese situata al centro dell’Europa.

Ma anche al centro di molte attenzioni, non tutte benevoli.

Le si rimprovera egoismo per non volersi integrare nella sovra-burocratizzata Unione Europea, senza porre eccessive condizioni.

Ma si disattende qui il profondo animo democratico della Svizzera, e la sua sana struttura federalizzata, difficilmente disposta a conformarsi ai diktat stranieri.

Tra i primi a farne le esperienze sono stati gli Asburgo, che hanno perso la sovranità sulla Svizzera a poco a poco a far tempo dal 1291.

Le si rimprovera di fondare la sua ricchezza sulla gestione di capitali appartenenti a persone o entità non-residenti in Svizzera, e sulla fiscalità compiacente a favore di imprese transnazionali.

Ma si disattende il fatto che è più il capitale che cerca la Svizzera che non l’inverso: tanto è vero che le isole più o meno fiscalmente felici (paradisi fiscali) si collocano e sono equamente ripartite tra l’Europa, l’Asia e gli Stati Uniti (questi ultimi che predicano bene e razzolano molto male).

Ma si disattende inoltre il fatto che il prodotto delle attività finanziarie rappresenta a malapena l’undici per cento (11%) del prodotto nazionale lordo della Svizzera, che vive prospera pertanto di attività propria e non di rendite di posizione.

Le si rimprovera, storicamente, di essere refrattaria nell’accogliere profughi e migranti, e questo già a far tempo dal periodo della Seconda Guerra Mondiale: profughi ebrei rimandati alle frontiere, la rigidità odierna nell’accogliere migranti africani o asiatici, o nel rimandarli ai sensi del fragile accordo di Dublino (che la Svizzera ha dovuto subire).

E qui viene disatteso il fatto che la Svizzera è il paese d’Europa con il più grande numero di stranieri residenti (ventitre per cento – 23% – del totale della popolazione residente), e con più di duecentoottantamila (280’000) lavoratori stranieri (i frontalieri) che giornalmente varcano la frontiera per lavorare e guadagnare in Svizzera a condizioni migliori di quelle possibili nel loro paese di residenza, offrendo comunque un’apprezzata collaborazione in tutti i campi.

Si disattende che durante la Seconda Guerra Mondiale la Svizzera fu un’isola militarmente accerchiata da paesi con regimi autoritari dotati di forze militari strapotenti: malgrado ciò venne data accoglienza a decine di migliaia di profughi, con i quali la Svizzera ebbe a condividere le scarse risorse di un’economia di piena guerra.

E oggi, proporzionalmente alla popolazione residente, la Svizzera è, in Europa, il paese che offre rifugio al maggior numero di immigrati.

A questo punto ci si può chiedere: cosa c’entra il calcio?

C’entra e come.

Un dato di fatto: la Nazionale svizzera di calcio è stabilmente ancorata nelle prime quindici al mondo sulle duecentosette federazioni di calcio membre della FIFA; ora nella pre-lista presentata per il turno finale dei Campionati del Mondo versione 2014 svolti in Brasile, su un totale di ventisette giocatori inseriti, diciassette erano di origine non-svizzera, ancorché stabilmente ivi residenti, o comunque le loro famiglie per quei giocatori che sono impegnati con squadre disputanti altri campionati europei.

Sono i cosiddetti ‘Secondos’, cioè nati in Svizzera ma discendenti da famiglie di immigrati, oggi perfettamente integrati.

Ancora più integrati sono questi ragazzi che vestono con impegno e fierezza la maglia rossocrociata (tutt’al più, ma in buona compagnia, hanno qualche difficoltà a cantare l’Inno nazionale): e pertanto sono diventati molto popolari, perché perfettamente identificati in questo sport, il calcio, che in Svizzera è lo sport di squadra più praticato, anche se spesso la Svizzera viene identificata come la nazione dello sci o del disco su giaccio.

L’esempio qui sopra espresso può sembrare molto settoriale, perché riferito ad una situazione che potrebbe anche essere di nicchia.

Ma non lo è: la Svizzera è in effetti terra di accoglienza e di integrazione, perché l’esempio del calcio è solo lo specchio di una realtà più ampia e connaturata.

Ma forse è situazione sconosciuta ai più, o volutamente ignorata, specie da quelli che vogliono denigrare la Svizzera ad ogni costo, accontentandosi di giudizi superficiali o di luoghi comuni, nascondendo tutto ciò però un malcelato sentimento di invidia.

Invidia per un popolo piccolo operoso, basato sulla concordanza, rinvigorito da nuova linfa venuta da fuori e magari anche da lontano, ma appunto perché questa nuova linfa ha trovato accoglienza spontanea, terreno fertile e possibilità di operare.

L’esempio della Nazionale di calcio è sintomatico: l’apporto dei ‘Secondos’ ha contribuito a forgiare una squadra di tutto rispetto, molto indicativa della qualità della realtà svizzera, a ragion veduta aperta, democratica e coerente: l’hanno potuto fare perché (ed evidentemente non solo i calciatori) chi viene a vivere in Svizzera viene accolto, rispettato e integrato, e messo nella possibilità di dare il meglio.

Lugano, 26 novembre 2014

Giangiorgio Spiess