Ettore Majorana

Un libro parla della misteriosa scomparsa del celebre fisico italiano. Un intervista all’autore ad opera di Francesco Cappellani. Il testo che proponiamo è stato pubblicato sul numero 4 del 2013 della rivista ‘Incontri’ – MdPR

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Sulla base di documenti inediti, di ricordi personali e di letture critiche di altri scritti, l’autore colloca alla metà del 1939 la morte del grande fisico catanese.

PREMESSA

E’ uscito in Marzo, per i tipi di Editori Riuniti, un corposo volume di Stefano Roncoroni, noto critico cinematografico e regista televisivo, dal titolo “Ettore Majorana, lo scomparso, e la decisione irrevocabile” corredato da un ricco apparato di documenti e note. Il “caso” Majorana ha prodotto un gran numero di articoli e di libri, ma la differenza con altre opere sullo stesso argomento1 è che qui l’autore non parla per congetture o sulla base di fantasiosi avvistamenti, ma compie un’analisi molto accurata di una serie di documenti che ha potuto leggere e controllare di persona, unendovi ricordi personali (Roncoroni è nipote di Elvira Majorana, sorella del padre di Ettore) derivanti da colloqui con suo padre, Fausto, e con Salvatore, fratello di Ettore. In particolare Roncoroni analizza un lungo documento inedito di Giuseppe,2 zio di Ettore, che descrive con minuzia l’“affaire” Majorana per consegnare ai posteri una memoria definitiva e incontrovertibile della vicenda come a quell’epoca la famiglia Majorana voleva che fosse presentata. Lo studio del testo è di una lucidità ed acume straordinari in quanto l’autore riesce, in filigrana a quanto scritto da Giuseppe, a individuare o intuire anche il non detto. Ciò gli permette – unendo a tale indagine l’analisi critica di altri scritti, documenti e colloqui – di arrivare a conclusioni molto importanti che ci illustra nell’intervista che segue, preceduta da un breve profilo di Ettore Majorana.

 

UN MALE OSCURO

Ettore Majorana
Ettore Majorana

Ettore era nato a Catania il 5 Agosto 1906. Precocissimo negli studi, si era dapprima iscritto a Roma in ingegneria per poi passare a Fisica su pressione di Emilio Segrè. Questi aveva compiuto lo stesso percorso scolastico dopo avere conosciuto Enrico Fermi, fresco professore di fisica teorica all’università di Roma allora in via Panisperna.3 Laureatosi brillantemente con Fermi nel 1929, grazie a una borsa di studio soggiornò circa sei mesi a Lipsia da Heisenberg, uno dei padri della fisica quantistica, e a Copenhagen da Niels Bohr. Rientrato a Roma, Ettore accusava problemi di stomaco la cui origine fu attribuita a un inizio di esaurimento nervoso. Cominciò a frequentare sempre meno l’istituto di fisica fino a non andarci più. Stava chiuso in casa in completa solitudine, non riceveva alcuno e respingeva la corrispondenza scrivendoci di proprio pugno si respinge per morte del destinatario. Amaldi (uno dei più giovani “ragazzi di via Panisperna”) ricorda che «nel 1936 non usciva che raramente di casa, neanche per andare dal barbiere (…). Nessuno di noi riuscì però mai a sapere se facesse ancora della ricerca in fisica teorica; penso di sì, ma non ne ho alcuna prova».4

 

LA SCOMPARSA

Nel 1937 Ettore Majorana accettò la cattedra di professore di Fisica teorica all’Università di Napoli dove strinse un rapporto di amicizia con Antonio Carrelli, ivi professore di Fisica sperimentale. A Napoli Ettore continuò a condurre la stessa vita solitaria e chiusa che oramai aveva scelto, angustiato da disturbi fisici che aggravavano sicuramente il suo “male di vivere”. Ed è proprio a Carrelli che manda i suoi ultimi messaggi. Prima di partire per Palermo gli scrive: «Caro Carrelli, ho preso una decisione che era ormai inevitabile. Non vi è in essa un solo granello di egoismo, ma mi rendo conto delle noie che la mia improvvisa scomparsa potrà procurare a te e agli studenti. Anche per questo ti prego di perdonarmi, ma soprattutto per aver deluso tutta la fiducia, la sincera amicizia e la simpatia che mi hai dimostrato in questi mesi…». E poi da Palermo il 26 Marzo 1938: Caro Carrelli, Spero che ti siano arrivati insieme il telegramma e lettera. Il mare mi ha rifiutato e ritornerò domani all’albergo Bologna, viaggiando forse con questo stesso foglio. Ho però intenzione di rinunziare all’insegnamento. Non mi prendere per una ragazza ibseniana perché il caso è differente. Sono a tua disposizione per ulteriori dettagli». Scriverà anche alla famiglia queste poche righe: «Ho un solo desiderio: che non vi vestiate di nero. Se volete inchinarvi all’uso, portate pure, ma per non più di tre giorni, qualche segno di lutto. Dopo ricordatemi, se potete, nei vostri cuori e perdonatemi». Da allora Majorana non ricomparirà più.

 

UN GENIO PRIVO DI BUON SENSO

Non è qui la sede per parlare dell’attività scientifica di Ettore Majorana, se non per un breve cenno sull’atteggiamento di Ettore verso le sue geniali intuizioni oltre che sulla sua valentia. Ettore era restio a pubblicare i suoi lavori e lo faceva solo dopo ripetuta insistenza dei colleghi. Sembrava, come ha scritto Zichichi,5 che facesse del suo meglio per non lasciare traccia del suo valore. Ad esempio, quando i Curie in Francia scoprirono una particella che interpretarono come un fotone (cioè un quanto di luce), Majorana intuì invece che si trattasse di un protone neutro, chiamato poi neutrone. Malgrado Fermi lo invitasse a pubblicare questo risultato, lasciò perdere. Il neutrone sarebbe stato scoperto sperimentalmente nel 1932 da Chadwick che conseguì per questo lavoro il premio Nobel.

Majorana scrisse una decina di lavori, di cui alcuni, pubblicati in italiano, tardarono ad essere conosciuti e apprezzati. Tra i maggiori risultati conseguiti vanno ricordati i suoi studi sul neutrino: oggi in vari laboratori del mondo – e in Italia col grande esperimento GERDA in corso nel laboratorio INFN del Gran Sasso – si studia proprio la verifica della sua teoria sul neutrino. Sul valore scientifico di Ettore credo basti citare il giudizio di Fermi, che non era certo tenero con i suoi colleghi, ricordato dal fisico Cocconi: «Ci sono nel mondo varie categorie di scienziati; gente di secondo e terzo rango che fan del loro meglio ma non vanno molto lontano. C’è anche gente di primo rango, che arriva a scoperte di grande importanza, fondamentali per lo sviluppo della scienza. Ma poi ci sono i geni, come Galilei e Newton. Ebbene, Ettore era uno di quelli. Majorana aveva quello che nessun altro al mondo ha; sfortunatamente gli mancava quel che invece è comune trovare negli altri uomini: il semplice buon senso».6

Importante infine per definire la personalità di Ettore è il ricordo di Amaldi: «Non si è saputo più nulla: tutti sono rimasti con un senso di profonda amarezza per la perdita (…) e soprattutto un senso di ammirato stupore per la sua figura di uomo e di pensatore che era passata tra noi così rapidamente come un personaggio di Pirandello carico di problemi che portava con sé, tutto solo, un uomo che aveva saputo trovare in modo mirabile una risposta ad alcuni quesiti della natura, ma che aveva cercato invano una giustificazione alla vita, alla sua vita, anche se questa era per lui di gran lunga più ricca di promesse di quanto essa non sia per la stragrande maggioranza degli uomini».7

 

INTERVISTA A STEFANO RONCORONI

Quando, come e perché ha cominciato a interessarsi del caso Majorana considerando che sull’argomento sono usciti già molti libri anche in anni recenti?

Ho cominciato molti anni fa perché all’università m’ero iscritto alla facoltà di fisica. Credevo, erroneamente, di potercela fare anche sotto il fascino della figura di Ettore. Se all’epoca ci fosse stata la laurea breve in Storia della scienza penso avrei continuato. Ho letto quasi tutto quello che di letterario o di divulgativo è stato scritto su Ettore. Ma salvo il libro di Sciascia, tutti gli altri mi sono sembrati copia di copie e di nessuna vera ricerca. Da sempre, nei Majorana di Roma, i discendenti delle due sorelle, Elvira ed Emilia, zie di Ettore, circolava una versione leggermente diversa da quella ufficiale. Da circa due anni me ne occupo quasi a tempo pieno e ho prodotto oltre al libro anche due articoli che ritengo molto innovativi nel panorama della letteratura su Ettore.8

 

Lei ipotizza che, al pari di altri geni, Ettore fosse affetto dalla sindrome di Asperger; può spiegarci come questa sindrome si attagli alla complessa personalità di Ettore?

Faccio solo un’ipotesi, quella che sia possibile che la struttura mentale, psicologica e comportamentale di Ettore Majorana possa essere simile, o anche dissimile, da quella di tante altre menti eccelse del passato o nostre contemporanee. Nel libro sottopongo alcuni aneddoti biografici di Ettore all’analisi del disciplinare della Sindrome di Asperger, una patologia che provoca disturbi comportamentali di cui si ritiene soffrissero ad esempio anche Einstein, Wittgenstein, Gödel. Il risultato è importante anche tenendo conto che non stiamo facendo una diagnosi poiché non è possibile farla in mancanza del soggetto.

 

Leggendo il suo libro appare oggi difficilmente spiegabile la reticenza della famiglia Majorana nel rendere note verità che si suppone conoscessero. Ce ne può spiegare i motivi alla luce anche del periodo storico a cui si riferiscono?

Il caso Majorana è un caso unico ed esemplare; la famiglia, allora, ha agito con la sua logica, nel suo ambito e nei suoi diritti, secondo il costume e le usanze del tempo. L’eccezionalità del gruppo di fisici con cui Ettore ha collaborato, le fondamentali scoperte da loro fatte, la guerra mondiale, lo scoppio, poi, della bomba atomica hanno riportato in primo piano la scomparsa di uno scienziato del livello di Ettore, rimasta irrisolta. Erano già passati molti anni e nessuno ha voluto ricucire lo strappo del silenzio. Poi la stampa e la pubblica opinione hanno travolto tutto.

 

E’ quindi credibile, allora, che ci fu una precisa disposizione a bloccare dopo qualche mese la poderosa mobilitazione per le ricerche, che si era mossa con grande sollecitudine dato anche il prestigio di cui godeva la famiglia Majorana.

Chi ha fatto un poco di ricerche sulla vita di Ettore ha sempre avuto a disposizione una serie di documenti di Istituzioni pubbliche e private, religiose e laiche che hanno sempre indicato la fine dell’anno 1939 come il periodo in cui cercare la fine di Ettore: la sua morte. Pochissimi ne hanno tenuto conto. Per esempio, nessuno ha dato ordine, io penso, di porre fine alle ricerche se non quando non c’è stato più nulla da ricercare.

 

Il viaggio di quattro giorni in Calabria da parte di suo padre Fausto assieme a Salvatore, fratello di Ettore, conclusosi col ritrovamento di Ettore all’incirca a Marzo del 1939, appare un dato sicuro. Ma la frase di suo padre: «L’hanno ritrovato ma lui se n’è voluto andare di nuovo», mi sembra rimanere ad oggi inquietante e senza riposta.

Anche qui bisogna leggere con attenzione quanto io dico. Del viaggio di mio padre con Salvatore ne parlo per vari motivi. Uno di questi per confermare, tramite il diario di mio nonno materno9, sia il viaggio in Calabria sia il rapporto tra mio padre e Salvatore Majorana. Nel mio libro dico con chiarezza che «I due ebbero modo di incontrarsi altre volte, anche in Calabria, su richiesta di Salvatore. E fu in una di queste altre occasioni che Fausto mi disse di aver saputo del ritrovamento di Ettore». Ci furono, negli atteggiamenti dei Majorana, alcune contraddittorietà con quanto affermavano: per esempio il viaggio di Fausto con Salvatore, avvenuto 10 mesi dopo la scomparsa, mentre lui diceva che avevano fatto ricerche solo per tre mesi. Sembrerebbe che la famiglia, già scossa per un tragico scandalo, non avesse “perdonato” a Ettore di sparire e volesse scientemente chiudere il caso pur sapendo di più, decretando un silenzio che oggi appare difficilmente accettabile.

Sono d’accordo con lei; in sostanza quella frase di Fausto spiega il senso di “quella decisione irrevocabile”.

 

Lei dimostra che la data di morte di Ettore si situa all’incirca a metà 1939; può spiegarci i motivi per cui è arrivato a questo convincimento? C’è un periodo di oltre un anno – che intercorre fra la data ufficiale della scomparsa di fine Marzo 1938 all’estate del 1939 – su cui sembra che non ci sia notizia alcuna; il fatto che Ettore avesse prelevato dal suo conto una cifra importante potrebbe avvalorare l’ipotesi che non avesse ancora deciso per il suicidio?

Ho risposto già in parte a questa domanda; una critica piuttosto ripetuta ai miei scritti da parte degli storici della scienza è che fanno riferimento e si fondano su una “storia orale” cui non danno il valore di prova; sbagliando di grosso. Per spiegarmi meglio faccio l’esempio, fondamentale, della lettera di padre Caselli. Il padre provinciale Ettore Caselli, della curia gesuitica del Lombardo Veneto, nell’assegnare ad Ettore Majorana il nome di una borsa di studio per l’istruzione di un Gesuita, scrive a Salvatore, il fratello di Ettore, usando due termini per indicare lo stato di Ettore: “estinto” e “ defunto”. Bene, si possono andare a vedere le risposte scomposte degli studiosi leggendole su Episteme, il sito di Umberto Bartocci. Io non ho conosciuto padre Caselli ma ho potuto chiedere agli altri direttori della rivista Missioni, su cui la borsa fu annunciata, come interpretavano quelle due parole: mi hanno risposto che, quando le usavano, per loro e per tutti i loro predecessori quelli erano sinonimi maggiori, stretti ed equivalenti di “morto”; altrettanto mi hanno testimoniato gli amici gesuiti di Civiltà Cattolica uditi in proposito. La lettera di padre Caselli è del 22 settembre 1939 ed io e chi ragiona – ho studiato dai gesuiti al Collegio Massimo, lo stesso di Ettore, e penso di conoscerne storia, abitudini e tradizioni – penso che quello è il termine ultimo della vita di Ettore. Molte altre prove sono nel libro; rimane da sapere ancora molto: come, dove e perché, e non è poco.

 

A questo punto possiamo decisamente scartare tutte le ipotesi più o meno fantasiose su presunti riconoscimenti di Ettore in America latina, o in divisa dell’esercito tedesco…?

È la logica conseguenza di quanto le ho detto prima. Per me nessuna delle ipotesi che lo vede barbone o fuggiasco – o tutte le altre fatte finora che vedano Ettore ancora vivo dopo quella data, peraltro ancora imprecisa – sono destituite di verità. Ma è vero anche che le conoscenze mancanti pur anche importanti non sminuiscono il mio asserto: bisogna ricominciare tutto da capo.

 

Lei auspica che le sue conclusioni, anche se non definitive, possano finalmente condurre alla verità e chiudere il caso. Stima che questo possa avvenire in tempi ragionevoli potendovi essere, da parte di chi sa o potrebbe sapere, la volontà, ad oltre 70 anni di distanza dalla scomparsa, di “scoprire le carte”?

Nel mio libro, alla fine dell’introduzione, rivolgo un invito non ai soli parenti Majorana, ma a tutti, vicini e lontani, con o senza il cognome Majorana, tutti con egual titolo, di scrivere una cosa comune. Spero che l’appello venga accettato.

Francesco Cappellani

 

NOTE

  1. Ricordiamo ad esempio gli articoli di LEONARDO SCIASCIA, “La scomparsa di Majorana”, in La Stampa, Agosto-Settembre 1975, raccolti poi in volume: La scomparsa di Majorana, Einaudi, 1975.
  2. Primogenito di Salvatore Majorana Calatabiano, rettore dell’Università di Catania (1911-1919).
  3. La cattedra era stata creata da Orso Mario Corbino, un grande siciliano, ottimo fisico ed eccellente organizzatore.
  4. EDOARDO AMALDI, “Ricordo di Ettore Majorana”, in Giornale di Fisica, n. 9, Bologna, 1968, p. 300.
  5. ANTONIO ZICHICHI, “Ettore Majorana, genius and mystery”, in CERN Courier, jul. 25, 2006.
  6. EDOARDO AMALDI, La vita e l’opera di Ettore Majorana (1906-1938), Accademia dei Lincei, Roma, 1966.
  7. EDOARDO AMALDI, “Ricordo di Ettore Majorana…” cit.
  8. STEFANO RONCORONI, “Il promemoria ‘Tunisi’: un nuovo tassello del caso Majorana”, in Nuovo Saggiatore, vol. 27, n. 5-6, 2011; e ancora: “Genesi dell’articolo postumo di Ettore Majorana”, in Nuova Storia Contemporanea, a. XVI, n. 2 marzo-aprile 2012.
  9. Vedi “Il promemoria ‘Tunisi’…cit. per capire l’importanza della testimonianza di Olivero Saverio Nicci, nonno di Stefano Roncoroni, nel confermare la veridicità del ritrovamento di Ettore Majorana in Calabria.