Aspetti antimoderni e totalitari nel pensiero politico di Jean-Jacques Rousseau

Nonostante il filosofo francese  non appartenga al novecento la sua importanza relativamente alla genesi dell’anticapitalismo, dell’antiliberalismo, del rifiuto della conoscenza scientifica è di importanza cruciale per comprendere come gran parte del pensiero novecentesco abbia ripreso consapevolmente o meno non poche delle sue riflessioni.
Il primo elemento antimoderno individuabile nelle riflessioni del filosofo francese è il rifiuto della scienza e della tecnologia tout court.

Rousseau, infatti, vedeva nello sviluppo delle scienze solo regresso e degradazione morale o, in altri termini, un graduale ed inesorabile processo di decadenza: “Le scienze le lettere e le arti soffocano il sentimento di quella libertà originaria per la quale sembravano nati”.

 

1 – Tuttavia, per Rousseau,l’origine dei mali della società moderna era da individuarsi  in una causa assai più profonda e cioè nella curiosità.

Complessivamente, per il filosofo francese, le scienze – come le lettere  e le arti – si allontanano dai nostri doveri di cittadini e dal conseguimento della reali virtù politiche: “Le scienze e le arti non solo sono inutili quanto lo scopo che si propongono ma sono altresì pericolose per gli effetti che producono”.

 

2 – La società virtuosa immaginata dal filosofo francese non ha infatti bisogno né di crescita economica né di conseguenza di cultura scientifica e di tecnologia.

A tale proposito, commenta giustamente Giuseppe Bedeschi, Rousseau teorizza un visione ascetico-pauperistica vicina a certi predicatori del seicento e non sorprende dunque l’elogio che il filosofo francese tributa alle origini del cristianesimo in cui Gesù e gli apostoli vivevano in povertà e in semplicità.

D’altronde, sotto il profilo  storico, la società auspicata dal pnsatore non si è mai concretamente realizzata: l’unico modello di società  al quale fa riferimento il Ginevrino era quella dei selvaggi.

Il secondo elemento di rigetto della modernità è quello nei confronti  della società moderna: la civiltà ha infatti  determinato un inesorabile regresso trasformando gli esseri umani in soggetti avidi di potere e di guadagno.

Ebbene, lo stato naturale al quale allude il filosofo francese – stato naturale dal quale l’uomo civilizzato si sarebbe allontanato – risulta essere soltanto un’invenzione filosofica; analogamente la vita che l’uomo selvaggio conduceva era una vita caratterizzata da una beata innocenza.

Ora, una delle ragioni di progressiva e graduale decadenza dallo stato originario di beatitudine, è da individuarsi  nella realizzazione dell’individuo e più esattamente nel conseguimento dell’amore di sé che ha contribuito a distruggere l’originaria bontà e innocenza dell’uomo.

Il terzo elemento di antimodernità ravvisabile nella  sua riflessione politica è l’elogio  tributato  alle piccole comunità che si dedicavano alla caccia e  alla pesca, società prive di violenza.

Al contrario la società moderna è  caratterizzata da una permanente violenza che si riflette a livello di rapporti fra Stati, violenza che ha la sua radice nella vita e nell’economia moderna.

Complessivamente  emerge non un atteggiamento riformatore come quello di Voiltaire, D’Alembert e Hume  ma un atteggiamento rivoluzionario.

Per quanto riguarda la concezione politica di matrice totalitaria, questa emerge con chiarezza nel Contratto sociale.

In primo luogo, una lettura attenta dell’opera, consente di affermare che da parte di Rousseau vi fu un rifiuto completo della concezione liberale della libertà, rifiuto che si fondava sull’assunto che sovrano e suddito coincidessero nello stato da lui ipotizzato.

In secondo luogo, il rifiuto completo della democrazia rappresentativa e l’auspicio che si potesse realizzare la democrazia diretta ci consente di affermare il carattere ancora una volta rivoluzionario del suo pensiero.

Infatti il rifiuto della democrazia rappresentativa e dell’istituto della rappresentanza in quanto tale, è la diretta conseguenza del rifiuto della proprietà privata e del commercio.

In terzo luogo l’elemento antimoderno si manifesta anche nella volontà, da parte dell’autore, di abolire il denaro, le transazioni commerciali e finanziarie ritornando ad una comunità di agricoltori e di piccoli artigiani.

In quarto luogo lo stato immaginato dal filosofo francese implica una negazione del concetto di opinione pubblica: dal suo punto di vista infatti i cittadini non dovrebbero poter comunicare tra loro quando deliberano e quindi non potrebbero discutere né tantomeno associarsi per formale club o partiti.

Questa sottolineatura è di estrema importanza poiché, come rileva Giuseppe Bedeschi, dimostra ancora una volta la profonda avversione del filosofo alla cultura liberale.

In quinto luogo la volontà generale alla quale allude Rousseau è a tutti gli effetti un’entità non solo astratta ma mistica che risulta essere pienamente coerente con una concezione politica per la quale tutti i cittadini devono essere assolutamente omogenei – nel pensiero come nella vita quotidiana – e fra di loro concordi.

In sesto luogo, la stessa figura del legislatore, presenta caratteristiche analoghe a quella volontà generale: complessivamente una figura che presenta, sottolinea Bedeschi, caratteri sovrumani e divini poiché il legislatore ha un’intelligenza superiore in grado di vedere le passioni umane senza esserne coinvolto.

In altri termini il legislatore  è una sorta di demiurgo che plasma la società civile trasformandola in una totalità etica.

In settimo luogo, a supporto sia della volontà generale che dell’opera del legislatore, il filosofo francese individuava nella religione civile o laica uno strumento indispensabile per plasmare la società.

Infatti la religione di Stato consente al legislatore di penetrare nelle coscienze individuali assurgendo al ruolo di una vera propria inquisizione laica (come dimostra d’altra parte  la legittimazione all’uso della pena di morte da parte del legislatore nei confronti di coloro che non rispettavano la religione).

In ottavo luogo, è significativa la funzione che  il filosofo francese  assegna alla cultura: l’unica cultura veramente significativa è quella  che consente di coprire tutti gli ambiti della  società – e cioè quella ispirata all’esaltazione della patria, della religione laica – privando di fatto i singoli cittadini della libertà di pensiero e di associazione.

Il procedimento insomma che il Rousseau  mette in atto è una sorta di politicizzazione  molecolare della vita dei cittadini (per usare un’espressione di Bedeschi).

Infatti, l’enfasi posta dal filosofo francese sul concetto di patria e di educazione nazionale gli consentiva  di servirsene  per controllare la vita degli individui plasmandoli in modo completo fin dalla nascita.

Jean-Jacques Rousseau
Jean-Jacques Rousseau

Complessivamente, la concezione dello Stato indicata nel Contratto, è quella di un ente che, attraverso la religione laica e attraverso la cultura della patria, deve plasmare tutti pensieri e tutti i sentimenti degli individui e  che implica, sottolinea Bedeschi, uno Stato proprietario  in grado di regolare la sfera economica in tutti i suoi aspetti.

In nono luogo, l’importanza dell’elemento religioso è agevolmente spiegabile  nella concezione misticheggiante che il filosofo ebbe della storia secondo la quale l’uomo avrebbe attraversato sostanzialmente tre stadi nel suo sviluppo: quello iniziale – fatto di innocenza e felicità originaria che caratterizza lo Stato naturale -, quello di corruzione e di caduta che invece caratterizza la società civile e infine la redenzione  e il riscatto morale che l’uomo potrà conseguire soltanto aderendo alla concezione sociale di Rousseau.

In conclusione il suo pensiero politico può essere agevolmente connotato come un pensiero dispotico e tirannico (secondo le osservazioni di Benjamin Constant e Emile Fauget) ma soprattutto come un pensiero che ha gettato le basi della dottrina dittatoriale e tirannica dal giacobinismo e del bolscevismo secondo le osservazioni di Léon Duguit.

Di particolare significato sono le note dello studioso Jacob Talmon secondo il quale la volontà generale finisce per diventare una sorta di entità oggettiva  che per potersi realizzare deve essere assimilata volontariamente  o involontariamente dal popolo.

Altrettanto significative sono le osservazioni di Lester Crocker secondo il quale i due modelli politici a cui faceva riferimento il filosofo francese erano profondamente antidemocratici: da un lato il modello spartano nel quale egli ammirava il disprezzo per le attività culturali e sottolineava la sottomissione dell’io individuale alle superiori ragioni dello Stato; dall’altro lato l’ammirazione del filosofo francese per Ginevra era estremamente significativa poiché  la città calvinista era sottoposta ad una vigile sorveglianza e alla censura.

In altri termini, per Rousseau, la libertà è accettabile solo nella misura in cui il singolo cittadino ubbidisce e  si sottomette alla volontà generale sacrificando ogni opinione o aspirazione individuale.

In definitiva: “La volontà generale da lui teorizzata è un’entità astratta, quasi mistica, non radicata nella concreta esperienza empirica; tale volontà generale ha il diritto di schiacciare chiunque diverga  dal suo altissimo infallibile senno: dunque, le minoranze dissenzienti non sono tutelate, e hanno un solo dovere: quello di piegarsi alla volontà generale; la formazione del cittadino da parte del potere politico deve essere costante, e deve investire tutti gli aspetti della sua vita, poiché senza identificazione piena e incondizionata del cittadino con lo Stato, quest’ultimo va in rovina. Per Rousseau non ci sono dunque spazi della vita individuale che possano sottrarsi al controllo della politica, e tutta la società è una grande arena di educazione politica”

 

3 – Conclusione

Alla luce di queste considerazioni è assai agevole sottolineare come complessivamente parlando il pensiero politico del filosofo  francese abbia da un lato anticipato il rifiuto della modernità (della scienza e del capitalismo) tipico delle correnti più radicali della filosofia moderna e dell’ ecologia del nostro secolo e come dall’altro lato la sua riflessione sulla volontà generale, sulla legislatore – e il suo ruolo -, sulla religione laica e sull’educazione  abbiano chiaramente anticipato le ideologie antidemocratiche e totalitarie dei giacobini e dei bolscevichi.

A tale proposito risulta di estremo interesse la riflessione di Lucio Colletti secondo il quale i principali nuclei tematici della filosofia politica marxiana – la critica allo stato rappresentativo, alla separazione tra società civile e politica, alla non identificazione tra governo e sovrano – discendono direttamente da Rousseau.

Giuseppe Gagliano

____________________________________________________
Note
1.Giuseppe Bedeschi,Il rifiuto della modernità. Saggio su Jean- Jacques Rousseau,Le Lettere, 2011 ,pag.33

2.Ibidem,pag.36

3.Ibidem,pag.24