Contro ‘questa’ Europa

La prima e più urgente riflessione sulla quale far convergere le nostre coscienze per questo 2014 riguarda l’Europa che vedrà nel prossimo maggio nuove elezioni.

Quale Europa vogliamo?

Non intendo riferirmi all’Europa delle banche e della moneta unica.

Non intendo, almeno in questa sede, discutere sui pregi e difetti dell’euro, sulla gestione – assai discutibile se non disastrosa peraltro – di questa crisi dalla quale non riusciamo ad affrancarci.

Non intendo  qui giudicare  le scelte e le decisioni molto spesso discutibili che anche l’Italia ha purtroppo sottoscritto  senza chiedersi dove avrebbero portato.

No, qui mi preme parlare della posizione dell’uomo come persona nell’ambito della costruzione di un edificio – l’Unione Europea appunto – che si sta avviando verso la negazione di quei principi che avevano ispirato i suoi padri fondatori.

Emergono qua e là segnali preoccupanti che sembrano non destare allarme tra gli addetti ai lavori, troppo presi dai loro incarichi istituzionali, e che invece risultano ben evidenti alla gente comune, come la famosa favola di Andersen sul vestito dell’imperatore: il re è nudo!

E di quali vestiti si tratta?

Il vestito più pericoloso è quello dell’omologazione.

Iniziamo dalla semantica.

Cittadino del mondo, integrazione, parità di diritti, equiparazione uomo/donna o meglio maschio/femmina, (senza dimenticare trans gender), uguaglianza.

Questi i termini citati, sempre e dovunque.

Parole importanti e degne di rispetto, ma quale significato nascondono?

Che cosa vuol dire integrazione?

Forse che dobbiamo dimenticare la nostra storia, la nostra geografia, la nostra lingua per arrivare a un ibrido non ben definito e privo di autocoscienza?

Cittadini di quale mondo?

Un mondo dove  sia vietato stabilire tempo e luogo, appartenenza e memoria?

Analizziamo le ultime scelte e le indicazioni di questa Unione Europea, di questi burocrati eletti da nessuno e che a nessuno rispondono e per questo pericolosi.

La famiglia.

La Ue  vuole la disintegrazione della famiglia, vuole arrivare a un unico essere asessuato – o ermafrodita a piacimento – che possa ordinare una propria progenie, badate non figli, come si ordina una pizza al ristorante: margherita, napoletana, romana, o meglio biondo, bruno, alto, abbronzato.

Ha stabilito di eliminare i nomi di madre e padre,  – mamma e papà – in nome dell’uguaglianza.

Facendo violenza sui bambini stessi privati inconsapevolmente del diritto legittimo – questo sì inalienabile – di avere un padre e una madre, maschio e femmina, come Dio creò l’uomo.

Perché?

Per soddisfare, in nome della cultura e non della persona, l’egoismo e il desiderio di alcuni.

Uguaglianza di che?

In nome dell’Unione Europea è stato stabilito un codice etico – mi viene da sorridere – secondo il quale è vietato pronunciare e scrivere parole come gay, lesbica, omosessuale; ha stabilito, o meglio ha tentato, e per fortuna non c’è riuscita, di fornire indicazioni per l’educazione sessuale scolastica nella quale si predica l’aborto, l’eutanasia, la pedofilia.

Ha tentato di ordinare per decreto  cosa devono insegnare i docenti di tutte le scuole d’Europa, ha eliminato la geografia, inutile orpello e ostacolo per la globalizzazione e i cittadini del mondo di domani; tenta continuamente di far dimenticare alle future generazioni, ai nostri nipoti, la loro storia, la loro appartenenza, la loro memoria, le loro usanze, in una parola la loro, la nostra civiltà.

Non credo di esagerare se affermo che Orwell era un ingenuo   a fronte di questi attentati all’ uomo, alla persona, all’individuo.

Attentati, badate bene, portati avanti in nome della parità dei diritti.

Quali diritti?

E quali saranno i vantaggi  di un mondo omologato?

Chi ne trarrà i benefici?

In nome della parità dei diritti l’Europa, e l’Italia in particolare, sta attuando una politica di invasione da parte di altri popoli che nulla hanno in comune con le nazioni europee: non per religione, non per cultura,  per storia, per tradizione.

Ma come?

L’Europa, strana appendice dell’Asia, ha faticato e combattuto strenuamente fin dal primo millennio avanti Cristo per affrancarsi dal dominio dei satrapi asiatici.

Le guerre persiane, Alessandro Magno, Pericle, Atene e poi Roma dicono qualcosa?

Che cosa rappresentano se non lo sforzo – per fortuna riuscito – di fondare quella parola magica di cui oggi tutti si riempiono la bocca: DEMOCRAZIA?

E noi continuiamo a farci del male cercando ripetutamente da più parti di buttare a mare le nostre conquiste, la nostra civiltà, le nostre radici in nome di un non ben identificato diritto all’uguaglianza.

Se questo  è quello che ci aspetta, beh allora non voglio questa Europa, dissento da tutti coloro che, cercando di omologare le coscienze fino all’esaurimento in modo sempre più pressante, stanno tentando di portarci a questa catastrofe.

E ricordo con sgomento le parole di Vladimir Bukoskij, esule sovietico in Gran Bretagna, allorché in tempi non sospetti, parlo di dieci anni or sono, con preveggenza illuminata aveva capito che l’Unione Europea, che si stava preparando a nostra insaputa, non era quella degli  uomini liberi, ma una copia antistorica dell’Unione Sovietica: io vengo dal vostro futuro- disse, non dimenticatelo mai.

Un futuro che ahimè si sta pericolosamente avverando.

Ludovica Manusardi Carlesi